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Social Tv: coinvolgimento, interazione, divertimento

di Francesca Pradella

Durante la finale del Super Bowl 2014 sono stati generati 25,3 milioni di tweet legati alla partita e agli spot trasmessi nel corso del match, con un picco di 301.000 tweet al minuto.

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Figura 1: Interessanti i numeri relativi ai dati di audience: 15,3 milioni di utenti unici che hanno letto mediamente 120 tweet a testa, generando 1,8 miliardi di impressions. Fonte: Nielsen Insight.

Questo ci dice che c’è un nuovo modo oggi di guardare la tv, in cui l’utente ricopre sempre più un ruolo attivo e che ha un enorme potenziale anche in termini di pianificazione pubblicitaria.

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Figura 2: Il picco di attività sui social si è avuto alle 22:00, alla fine del match e in concomitanza con lo spot di Esurance (un operatore statunitense di assicurazioni online), con oltre 301.000 tweet in un minuto. Fonte: Nielsen Insight

La Social Tv è un fenomeno in continuo sviluppo, che sta trasformando completamente la fruizione e l’esperienza televisiva del pubblico, permettendo, anzi invitando, quest’ultimo a diventare sempre più interattivo, commentando e condividendo stati o post relativi al programma e interagendo con gli altri utenti. Il tutto grazie alla grande diffusione della rete e di dispositivi, come smartphone e tablet, che portano l’utente ad una fruizione multischermo. Dalla rete arriva l’opportunità per la tv di rinascere, di reinventarsi, di rimanere il media più influente e diffuso. Come afferma lo studioso Henry Jenkins i nuovi media non si sostituiscono ai precedenti, ma si integrano loro quasi fossero un’evoluzione. Con la Social Tv si instaura un dialogo costante e bidirezionale, da tv a social e da social a tv ed è interessante notare che questo accade non solo durante la messa in onda del programma, ma anche durante la pubblicità. Ecco perché la Social Tv rappresenta per le aziende un nuovo canale di marketing ad alto potenziale, in grado di raggiungere in modo efficace e non invasivo il proprio target, profilato in maniera sempre più dettagliata grazie alle informazioni contenute sui suoi profili social, attraverso attività di engagement, divertimento,  condivisione sempre più tailor made. Una strategia di comunicazione integrata coordinando al meglio la diffusione del messaggio e l’interazione dei diversi device, può diventare pubblicità davvero virale.

figura 3Figura 3: SocialTvMeter. Fonte: Blogmeter

La Social Tv consente inoltre alla tv stessa di capire se e quanto i contenuti che sta trasmettendo piacciono agli utenti, e ad ottenere informazioni molto dettagliate sugli spettatori coinvolti. Ma come? Blogmeter, agenzia di social media intelligence, fondata da Sacha Monotti Graziadei, dall’autunno 2013 fa partire SocialTvMeter, uno strumento che, come ci spiega lo stesso CEO, monitora la performance su Twitter e Facebook dei contenuti televisivi mandati in onda in tempo reale, rilevando il grado di apprezzamento da parte del pubblico, in base a tweet, post, commenti pubblicati. Da questa analisi traspare un aspetto molto interessante: si possono vedere, attraverso la curva di trend, i momenti più significativi della trasmissione dal punto di vista social, mettendo assieme dati quantitativi con quelli di sentiment. Settimanalmente viene poi pubblicata la top ten dei programmi più social: talent e talk show politici sono quelli che più generano discussioni e buzz tra gli utenti.

figura 4Figura 4: Top Social Tv Programs 7-13 Aprile 2014. Fonte: Blogmeter Blog 14 Aprile 2014.

Aziende e Social Network: efficienti dentro, efficienti fuori

di Annalisa Ongaro

Di seguito riporto alcune definizioni che troveremo ne Il Grande Dizionario delle Imprese, 25° ediz., anno 2350:

dràmma [‘dramma] avvenimento doloroso che si verifica quando l’azienda ignora un consumatore arrabbiato.

sciagùra [ʃʃa’gura] grave disgrazia che si scatena quando l’azienda, non dotata di struttura social media, ignora un consumatore arrabbiato e attivo in rete.  

Ho proposto due possibili nuove accezioni terminologiche che potremmo trovare nei dizionari del futuro (ovviamente in formato digitale), quando le imprese avranno ormai imparato -grazie agli errori delle aziende che le hanno precedute- ad usare sapientemente i social sia verso l’esterno che internamente.

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Grazie all’intervento di Chiara Colombo, abbiamo potuto constatare quanto sia importante per un’azienda ascoltare la rete e monitorare sempre la conversazione sul brand che i consumatori producono. Dai numerosi esempi a comprova, dal caso di United a quello di Nestlé, emerge chiaramente il peso della conversazione web-based dei consumatori.

Oltre all’importanza da attribuire alle conversazioni, l’azienda dovrebbe anche seguire i cambiamenti della società, viaggiare su un binario parallelo a quello delle novità e prendere spunto dai social network per arrivare alla meta finale: diventare una social organization. È la cultura stessa con la quale si fa impresa che deve cambiare, l’azienda deve apprendere il valore che risiede nell’adottare gli stessi strumenti che i consumatori usano, sia per riuscire a gestire eventuali crisi con i canali e le metodologie appropriati, sia per implementare ed efficientare i processi all’interno dell’azienda stessa.

Quest’ultimo punto, come ha sottolineato anche lo studio elaborato dal McKinsey Global Institute, serve per far emergere un potenziale che le imprese –e la società in generale- nemmeno immaginano. Ciò di cui l’azienda ha bisogno, quindi, non è solo di una struttura di social media esterni –che è comunque necessaria per l’instaurazione di un buon rapporto coi clienti e di un flusso di comunicazione esterna efficace-, ma anche di social media interni.

Figura2I social media interni sono quegli strumenti che servono all’azienda per favorire la cooperazione tra dipendenti e la condivisione di materiali utili, facendo risparmiare tempo e risorse. Anche se il fatto che la tecnologia aiuti l’organizzazione dell’impresa non è una novità, è ancora difficile trovare realtà aziendali con un sistema di intranet pienamente approntato verso il social. Basterebbe creare una community interna all’azienda e dotarla di tool –usati e conosciuti da tutti anche al di fuori dell’ambito aziendale- come blog, forum di discussione, wiki, repository di documenti per organizzare, velocizzare e, sicuramente, rendere più proficuo il lavoro aziendale.

Social Intelligence = da Big Data a Right Data

di Eleonora Boccalatte

In azienda è sempre più̀ avvertita l’esigenza di archiviare, gestire e trattare moli di dati sempre crescenti, si parla di Big Data, ovvero quei dati troppo estesi da gestire tramite metodi tradizionali di analisi. Secondo molti analisti se l’informazione ha le caratteristiche di varietà, velocità, volume (tre “V”) allora si sta affrontando un vero Big Data. A tal proposito l’infografica di Kapow Software classifica ogni fonte se accessibile attraverso API, se interna o esterna all’azienda, se strutturata odestrutturata, oltre che le tre “V” di analisi dei big data.

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Misurare in tempo reale milioni di post presenti sui Social Media diventa un imperativo e una sfida per le compagnie che, con la crescente mole d’informazioni, rischiano di perdere competitività se non equipaggiate all’elaborazione d’informazioniutili alle proprie strategie aziendali. Quindi ruota intorno al fatto che le informazioni devono essere aggregate attraverso insights, intuizioni di esperti.

Le tradizionali metodologie di misurazione, infatti, non aiutano ad analizzare i dati, a trasformarli in strategie di business e piani di marketing operativi. Le aziende tramite l’adozione della social intelligence devono dotarsi di strumenti di monitoraggio adatti al nuovo scenario, volti ad implementare nuove metriche d’analisi per riprogettare l’intera strategia aziendale.

Molto è stato scritto a proposito del fenomeno dei Big Data, ora la svolta essenziale è di convertire i Big Data nei Right Data, dati utili alla pianificazione strategica. Bloogmeter dispone di due strumenti proprietari: il tool di Social Listening per l’ascolto delle conversazioni che hanno luogo in rete su brand, prodotti, tematiche e personaggi pubblici, e il tool di Social Analytics, per monitorare le performance delle pagine Facebook e dei profili Twitter, mettendoli a confronto con un benchmark di riferimento. Il monitoraggio del passaparola online rappresenta un passo fondamentale per la formulazione di nuove strategie e azioni di marketing che siano fondate su dati certi, concreti e misurabili.

Social Listening

Sacha Monotti Graziadei (co-fondatore di Blogmeter), fornisce tutto ciò: analisi e report periodici che esaminano aspetti quantitativi e qualitativi sul passaparola online e le performance dei profili social aziendali.

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In conclusione, saper analizzare i Big Data è una fonte preziosa, non basta conoscere dove raccogliere le informazioni, ma bisogna saper trasformarle in qualcosa di utile.

Una volta definito l’obiettivo che si vuole analizzare con i Big Data, bisogna focalizzare l’attenzione su tutti i dettagli utili a raggiungerlo. Ogni azione di marketing deve essere volta a capire le domande che i clienti si pongono nel visitare una pagina web, nel fare una nuova ricerca su Google o nell’intraprendere una conversazione sui Social Media.

 

La co-creazione del valore sui social network

di Letizia Di Battista

Si può creare valore comunicando sui social?
Dipende innanzitutto dalla presenza di una strategia, dagli obiettivi che si vogliono perseguire e da cosa si intende per valore.
Spesso si dà troppa importanza ai risultati quantitativi, al numero di like o followers, senza considerare dati che possono dire di più sul successo di una campagna. Quello che conta infatti è la partecipazione, o con un termine più specifico l’engagement degli utenti. Il brand deve riuscire a instaurare una conversazione con la propria community, stimolando  interesse e interazione.

I canali social possono rappresentare una preziosa risorsa, non solo per promuovere un prodotto o  migliorare la brand reputation. I vantaggi di un dialogo con le persone sono numerosi. Ascoltando le loro opinioni e suggerimenti, un’azienda può migliore i propri prodotti e servizi, modellandoli sulle loro esigenze.

Gli utenti contribuiscono quindi a creare valore, ed aiutando l’azienda a migliorarsi, trovano sul mercato prodotti o servizi che soddisfano maggiormente le proprie esigenze.

La parola d’ordine per attivare tali processi è ascolto.

Gli utenti dedicano il proprio tempo ad ascoltare, condividere e commentare i messaggi delle aziende ma si aspettano in cambio di essere presi in considerazione. Hanno abbandonato il classico ruolo passivo e sono diventati attivi nel processo di creazione, produzione, distribuzione e consumo. Si sono trasformati in Prosumer, parola coniata dalla fusione di producer e consumer.

Un classico esempio è quello del Winner Taco, in cui la community, con non poca insistenza, è riuscita a rimettere in produzione il gelato, di cui sentivano un’inspiegabile mancanza (e di cui ora criticano il gusto, diverso dall’originale).
L’azienda, dopo quasi due anni di bombardamenti da parte della community “Ridateci il Winner Taco” ha ceduto, annunciando la decisione con un ironico “Avete rotto il ghiaccio. Finalmente è tornato”


Taco_fbLa co-creazione di valore può riguardare diversi aspetti. Cosa può soddisfare gli utenti meglio di prodotti o contenuti creati direttamente da loro?

Un esempio è il contest lanciato in questi giorni da Illy. Dando la possibilità agli utenti di creare una propria linea di tazzine, l’azienda ha a sua disposizione un numero elevato di proposte creative tra le quali scegliere, che non avrebbe potuto permettersi altrimenti.

 

 

Una pratica molto usata, ma allo stesso tempo molto pericolosa, è quella dell’utilizzo di contenuti generati dagli utenti. Se da un lato facilita molto il processo di creazione di contenuti, e aumenta l’engagement degli utenti, dall’altro può dare vita a boicottaggi e attacchi al brand.

ceresLa campagna per il lancio del prodotto Ceres Soft Ale invitava gli utenti a lasciare i propri messaggi di benvenuto al nuovo prodotto.

 

 

Quindi ricordatevi il moderatore, che l’epic fail è dietro l’angolo…

CeresfbGli utenti si stanno scatenando sulla pagina Facebook di Ceres criticando il nuovo prodotto e hanno già provveduto a creare una pagina di boicottaggio “La Ceres non si tocca”.

 

 

 

 

 

 

Articolo tratto dalla lezione di Chiara Colombo “La pianificazione di una campagna di Social Media Marketing”.